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Il disagio esistenziale nel quale sta vivendo l'ultimo uomo, residuato psico-fisico di un'epoca storica terminale, tra le più oscure che siano mai esistite, pone in essere il problema e la necessità di una reazione, avvertita da un'esigua minoranza, che ancora possiede il senso della dignità e del valore di un superiore ordine spirituale. A ciò però si aggiunge la consapevolezza nata da una profonda onestà intellettuale che la rimozione ed il superamento della condizione di "schiavitù" materiale e spirituale, non sia possibile ad opera dell'azione umana, in quanto impotente da sola a fronteggiare un sistema demonico di così rara potenza come l'attuale. Per contro però, va anche riconosciuto che, secondo le antiche tradizioni che ci parlano dei cicli storici, storicamente e metastoricamente ci si trova nella famosa quarta Età, quella della dissoluzione finale e per tale motivo si può quasi paradossalmente considerare "normale" quella che è una situazione patologica. L'Autore mosso da una visione del mondo antiprogressista ed antimodernista si spinge ad immaginare ma sostanzialmente a desiderare un intervento liberatorio dall'Alto.