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"Dato per assodato che la poesia è sempre politica, se non altro perché sconvolge l'ordine del linguaggio e scompiglia il racconto abituale del quotidiano, mi sono convinta che solo il segno poetico può fissare con forza in una qualche metafora di memoria lo straripare, il veloce fluire, e dunque anche l'immediato svanire, di quanto di violento e orribile di giorno in giorno sull'inerme accade. Il "Salmo" di Celan - quanto di più alto e compassionevole, sull'inerme, sia mai stato scritto - mi ha suggerito di dedicare, all'inerme, rose di pianto cresciute con il concime della parola, scegliendo alcuni casi esemplari della contemporaneità: né più atroci né meno atroci di tanti passati orrori della storia del Pianeta, ma non per questo da accettare o avallare. La vera novità del presente è che risultano immersi in un flusso temporale ormai fuggevole e veloce, affollato di fitti e rapidi particolari e che, proprio per questo, sono suscettibili di scomparire nel brusio e nella successiva distrazione del chiacchiericcio di fondo. Un ringraziamento al mio compagno-giardiniere Giuliano Baglioni, che da tempo desiderava coltivare rose con me, e che ha unito la pietas del suo segno pittorico a quella della mia parola per queste rose di pianto. Umilmente, ma come nell'attitudine del canto di Celan: «al di sopra, ben al di sopra della spina»." (L'autrice)