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Come ogni ritrattista che si rispetti, anche Piol ha i suoi soggetti preferiti da immortalare nella tela della sua arte. E sono gli ultimi, gli emarginati, i paria - o, a volte, semplicemente i soggetti più deboli della società, come i bambini - a destare la curiosità più viva del narratore. Si pensi alla prostituta e al ballerino albanese, clandestino e omosessuale, di "Sola a testimoniar la luna", oppure al talentuoso, quanto squattrinato, attore di teatro e al gigolò malato di Aids la cui storia d'amore viene tessuta nel magistrale "Morte a Mestre" - un evidente omaggio al capolavoro di Thomas Mann - o ancora al partigiano di "Questo è il fiore". E tutto viene visto con la levità di una favola - seppur a volte triste - accarezzata da uno sguardo carico di compassione per la "vittima", salvificata da un quasi onnipresente lieto fine.