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Nell'aula professori di una non meglio identificata scuola superiore, con una regolarità dettata dagli orari di docenza e soprattutto dalle anelate ore buche, due insegnanti di scienze si incontrano, chiacchierano del più e del meno e disquisiscono di massimi sistemi sotto lo sguardo benevolo e forse moderatamente onnisciente dell'epicureo bidello Mario. Avendo formazione scientifica, i due uomini non possono evitare di valutare la loro condizione - umana, s'intende - precariamente associata a quella di un pianeta che assomiglia molto a un arancino (con una crosta fragile e un centro incandescente) vagante nell'universo infinito. Per uno dei due, d'ora in poi il Professore, è anche diventato difficile, se non impossibile, rispettare i dettami del programma: gli pare umiliante raccontare e vendere per certezza granitica qualche legge, confutabile per sua stessa natura, a quei ragazzi che di certezze ne hanno pochissime. È così che, per conquistare un posto nel mondo che sia all'altezza delle sue ambizioni, il Professore si imbatte nell'Agenzia. Che dopo una serie di workshop e di test, lo arruola nelle sue fila per una missione molto particolare: distruggere la reputazione di un uomo politico diffondendo fake news. Niente di più facile, e un trampolino di lancio per il Professore. Ma soddisfare le aspettative della inquietante e potentissima Agenzia, non basta. E il patto del Professore prevede un prezzo sempre più alto.
È tutto così leggero, fragile, confuso. E noi a svolazzare orbi lanciando grida a cui rispondono solo i muri. Come i pipistrelli. In un mondo in cui l’esistenza è legata all’apparenza, fino a dove può spingersi un uomo per uscire dall’anonimato e lasciare una traccia di sé dopo la morte? Durante l’ora buca un professore di fisica, non a caso senza nome, disquisisce con il collega Pampaluga sulla precarietà della condizione umana. “Siamo stati sputati fuori con un colpo di tosse da una spaventosa gola nera senza fondo.”Insegnare fisica in un liceo porta alla disperazione.” Costringe a sentirsi insignificanti, trascurabili, inutili. E a trasmettere la stessa frustrazione ai ragazzi, come untori che diffondono disincanto. Mezzeseghe, dice Pampaluga. Definizione che finisce per tormentare il Professore, come una sorta di ossessione. Vuole lasciare la scuola, stanco di disilludere adolescenti ignari della precarietà dell’uomo e si imbatte nell’Agenzia, che dopo un colloquio, lo sottopone ad una sorta di iniziazione, affidandogli incarichi per testarne le abilità. La prima prova consiste nell’ indossare i panni del marito defunto di una vedova inconsolabile. Poi dovrà distruggere la reputazione di un giudice incorruttibile con l’uso spregiudicato di fake news costruite a tavolino. Nel frattempo approfondirà la conoscenza delle attività dell’Agenzia. Superate con successo le prove di iniziazione, l’Agenzia lo accompagnerà verso la notorietà agognata. Dovrà spogliarsi di ogni rigurgito di etica ma la rivalsa dall’anonimato, per il professore, non ha prezzo. L’ora buca è stato catalogato come distopia da chi è solito apporre etichette alle opere letterarie. Non sono del tutto d’accordo: non definirei distopica questa lucida e feroce analisi di una società, la nostra, che privilegia l’apparire all’essere, in cui il destino dei singoli prevarica l’interesse collettivo. Gli individui che svolazzano lanciando grida a cui rispondono solo i muri, come fossero pipistrelli, evocano la solitudine esistenziale conseguente alla crisi valoriale degli ultimi decenni. Le esperienze fasulle, le emozioni forti che lasciano incolumi richieste dai clienti, sono il passo successivo al mondo virtuale che già sostituisce le esperienze vere. L’uso utilitaristico della politica, non più ideale, governo delle nazioni ma un mezzo per esercitare potere, per soddisfare ambizioni, non è invenzione narrativa, così come non lo è il consumo usato come anestetico per impedire il pensiero. Arguta la riflessione sull’uso strumentale della tecnologia, droga del nostro tempo, più efficace e precisa di ogni sostanza stupefacente. Il protagonista, che si spoglia di scrupoli ed etica per fame di ambizione, ha molto in comune con Domenico Nanni de “Lo stato di ebbrezza” ed è l’opposto dell’onesto Fernando Savani de “Le imperfezioni”, in una progressiva deriva morale dell’individuo. La prosa elegante di Varesi si affina ad ogni romanzo. Colpisce la perfezione dei dialoghi e l’originalità di similitudini e metafore. “L’ora buca”, seguito ideale de “Lo stato di ebbrezza”, è un’analisi sociale lucida, arguta, amara e cinica. Un pugno allo stomaco. Forse, per ora, il capolavoro dell’autore.