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Andando a leggere sullo Zingarelli, il termine zibaldone risulta essere un vocabolo di incerta etimologia, presente nella nostra lingua dalla metà del 1500 riferibile a vivande di ingredienti disparati oppure a una mescolanza confusa di cose e persone. Nel tempo e in letteratura ha assunto il particolare significato di una raccolta disordinata e incoerente di pensieri, spunti, idee, immagini e talvolta anche scrittura musicale. Fu Giacomo Leopardi a elevare alla dignità di opera letteraria lo zibaldone lasciandone uno di quasi cinquemila pagine, purtroppo conosciuto e pubblicato postumo. A me piace l'idea di un quaderno, uno scartafaccio con una miscellanea di memorie, riflessioni, appunti, notizie, bozze e abbozzi buttati sulla carta nel momento in cui nasce l'ispirazione oppure scatta improvviso un valido flash che non si vuole spegnere e perdere nei meandri della memoria. Essendo purtroppo molto disordinata, nel corso di tanti anni di scrittura ho costruito uno zibaldone fatto di montagne di quaderni e quadernetti, stipato cassetti e scaffali di fogli zeppi di appunti, racconti, poesie, fiabe, filastrocche, disegni, riflessioni di ordine pedagogico e didattico, almeno quattro incipit per quattro romanzi, e non vado oltre. Da qui nasce l'opera "Frequenze Indipendenti", per ora questo primo volume che raccoglie un insieme "saltabeccante" (come scrisse una volta la mia amica Lia Franzia) di testi scritti fra il 2009 e il 2011, molti presi a caso, altri scelti perché la loro scoperta può aver favorito emozioni di qualsiasi tipo, comunque forti e profonde. Filo conduttore, l'ironia, quasi invisibile come il Basilisco, ma costantemente attenta e acuta, occhieggiante e pronta a colpire. Il titolo fa proprio riferimento alle frequenze delle radio, stazioni indipendenti fra loro, non sempre facili da sintonizzare, impossibili da intersecare. Unico fattore comune, l'energia che le tiene accese.