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Una famiglia congolese prega prima della cena nelle banlieue parigine. A Ciudad Juarez, un bambino dalla testa enorme, grida che ama le tette grandi. All'Hotel Angeles un deportato messicano racconta la sua storia scolando birra e ruminando come una vacca. Crack, un cane zoppo come il suo padrone, cammina lungo il Guadalquivir. Una serie di tassisti messicani diabetici, alcolizzati, tossici e pseudo intellettuali parlano senza sosta a un italiano che a volte li ascolta e altre li ignora, stretto nella morsa di un incubo messicano, a quaranta gradi, senz'aria condizionata. Sono solo alcuni degli scenari e dei personaggi che compongono "Mexican taxi", una raccolta di undici racconti, in cui le periferie e gli emarginati urlano le proprie storie senza falsi moralismi. Dopo uno scalo a Parigi e uno a Siviglia, l'italiano si precipita in Messico, il Paese dove si vive troppo e si muore facile.