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«Sognare un mondo senza ingiustizie è una grande intenzione poetica», scrive nella sua Introduzione il curatore di questo volume Cosimo Damiano Damato. In qualsiasi luogo si trovasse, nella pace della natura o nell'infuriare di un'azione rivoluzionaria, Ernesto Guevara detto "Che" non cessava mai di leggere e scrivere. Portò con sé, sino alla morte, un quaderno verde: era la sua personale antologia poetica. Versi trascritti di sua mano, da Neruda a César Vallejo, Nicolás Guillén, Léon Felipe. «È probabile che il Che abbia scritto versi durante tutta l'adolescenza e la prima giovinezza, ma i pochi testi che oggi conosciamo furono composti tra il '54 e il '56, in Guatemala e in Messico» scrive Paco Ignacio Taibo ii. «Non si sentì mai soddisfatto dei risultati, e pensando che i suoi componimenti non valessero più di tanto, non li diede mai alle stampe». Eppure in questi versi c'è tutta la sensibilità, le fragilità, le domande, la commozione di un uomo sulle cui spalle poggiava una sconfinata speranza di libertà. A corredo delle poesie del Che, in questo volume compaiono un'amata poesia di Léon Felipe come Don Chisciotte è tornato; un frammento del Canto General di Neruda; una scelta di versi che poeti e cantautori hanno a lui dedicato; e una nota intitolata "Il figlio della rivoluzione: un dialogo con Camilo Guevara e Alberto Granado" a firma del curatore insieme a Raffaele Nigro.