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La biorobotica e la fabbricazione digitale dimostrano quanto convergenti siano le dimensioni della vita e della tecnologia. Siamo talmente immersi in mondi artificiali da esserne sostanzialmente modificati. Esigiamo ausili artificiali per essere autentici, per potenziare il nostro ego ma anche per allontanare la paura della sofferenza. Presto condivideremo il mondo con oggetti che comunicheranno tra loro in maniera indipendente da noi, e faremo esperienze di vita all'interno di realtà aumentate, utilizzando macchine scomponibili in singole parti che potranno essere riadattate a nuovi scopi. Si accorcerà così la distanza tra materia e valori, e i valori di una società saranno sempre più incorporati nelle realtà che fabbricheremo. In tutto ciò cambia anche l'idea di vulnerabilità che ci accompagna costitutivamente: non saremo più vulnerabili alle forze della natura oppure alle conseguenze imposte all'uomo da uno sviluppo tecnologico incontrollato bensì - nella futura società dello human enhancement tecnologico - diventeremo soprattutto vulnerabili agli schemi normativi e ai modelli sociali di giudizio di cui ci doteremo per mediare tra natura e tecnologia.