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Quella del taglio è un'esperienza indimenticabile, da cui discende la singolarità di un corpo che non sarà più lo stesso dopo il taglio o che non sarà mai stato corpo se non in seguito a quel taglio. Cosa vuol dire che una vita emerge non da ciò che aggiunge, somma, accresce - secondo una precisa logica codificata e consolidata all'interno della cultura occidentale - ma da un gesto che leva, che produce una mancanza e che al tempo stesso la segna, la rimarca? Al di là di ogni declinazione identitaria, la circoncisione rimanda all'inscrizione dell'altro in me: l'intimità con se stessi è chiamata a passare attraverso un taglio che fa del proprio corpo il luogo dell'incontro con qualcosa di estraneo. La sua non è forse altro che l'esperienza di un'intimità che resta incancellabile, anche quando non se ne sappia niente: l'intimità con ciò che s'inscrive nel nostro corpo e nel nostro sguardo, pur restando incomprensibile.