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Frankenstein, ovvero l'eterna ricerca di risposte che porta l'uomo a varcare le soglie del possibile guardando nelle profondità dell'abisso, è croce e delizia di quest'opera la quale riesce a unire il gotico, l'horror e il fantasy con il dramma. Il dramma di un mostro, creato in egual proporzione dal genio e dalla follia dell'uomo, diventa allegoria del sublime, del diverso, di ciò che è causa di profonda inquietudine, a volte addirittura di terrore. Una creatura capace di entrare nell'immaginario comune e lì mettere le radici, proprio perché in essa è contenuto l'archetipo, il primordio dell'orrore che attanaglia l'uomo e ne diventa parte integrante. In questa rivisitazione del celebre romanzo, a prevalere è proprio l'aspetto possente, pesante, afflitto, del protagonista che sembra gridare, citando Milton: «Ti chiesi io, Creatore, dall'argilla di crearmi uomo, ti chiesi io dall'oscurità di promuovermi...?».