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Collocata all'intersezione tra i più vasti ambiti della statuaria in dimensioni ridotte e della copistica di età greco-romana, la scultura ideale in piccolo formato è stata a lungo oggetto di un interesse solo marginale da parte degli archeologi classici. Al netto di forme più o meno implicite di «pregiudizio» - figlie della tradizionale distinzione tra arti "maggiori" e arti "minori", e di una concezione aurale dell'opera d'arte - sarebbe però un errore considerare queste statuette unicamente come alternative semplificate rispetto alla statuaria di grande modulo. La loro caratteristica combinazione tra iterazione delle forme e variabilità dei formati, aperta all'impiego di una vasta gamma di materiali e a una relazione particolarmente libera con i modelli, sembra piuttosto abbia saputo garantito loro una presenza pervasiva a vari livelli delle società antiche. Dal punto di vista delle funzioni e delle modalità d'uso destinate loro, sembra inoltre lecito considerare questi oggetti come qualcosa di più che delle (piccole) statue.