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Questa silloge di Federico Maria Santangelo è una sorta di racconto poetico sospeso tra l'esaltazione della vita, nella prima parte, e della morte e della terra, nella seconda. Alla base di questi versi, c'è un legame indissolubile tra gioia e dolore, mescolati nell'atto d'amore e nella dannazione per la dolente prospettiva di un paese senza futuro. Le liriche sono dense di visioni, passioni, rapporti carnali e di ricordi che riaffiorano alla mente e che lasciano, alla fine di ogni testo, un velo di malinconia e di rassegnazione. Attraverso una narrazione circolare, il poeta descrive il suo mondo, costruisce e, allo stesso tempo, distrugge la sua immagine allo specchio perché possa emergere la verità della poesia e della propria esistenza.