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«Il processo di integrazione europea è attualmente attraversato da molteplici tensioni. Crisi economica e questione migratoria conferiscono non trascurabili (quantunque fallaci) argomenti alle istanze "sovraniste" che peraltro hanno gioco facile a mettere in luce alcune contraddizioni presenti nell'ordinamento europeo in cui l'incompletezza del percorso di cessione di sovranità dagli Stati all'Unione Europea genera evidenti fibrillazioni. In questo quadro appare utile tornare alle parole utilizzate da Winston Churchill nel 1930 che, dopo avere ricordato che l'idea dell'unificazione dell'Europa ("così nuova per orecchie ignoranti") è tutt'altro che una novità nella storia europea, sottolineava che "Ovunque, in qualunque epoca, in ogni area pur estesa, per tutti i popoli - anche se diversi unità ha significato forza e prosperità". Ed allora "Perché l'Europa dovrebbe aver timore dell'unificazione?". Prendendo atto degli esiti del Trattato di Versailles ("l'apoteosi del nazionalismo"), Churchill, rilevati gli indubbi risultati del principio di autodeterminazione dei popoli, al tempo stesso ha gioco facile ad evidenziare come l'organizzazione dell'Europa fosse diventata (in termini di costi per barriere doganali e spese militari) "più onerosa e, nello stesso tempo, meno efficiente di quanto lo fosse prima della guerra". Sottolineati dunque i limiti del nazionalismo, Churchill prevedeva una inevitabile crescita, sia pure lenta, dell'idea di unificazione europea in cui "il movimento a favore della solidarietà europea ... non si fermerà finché non avrà prodotto cambiamenti enormi e forse decisivi nella nostra vita, nel pensiero e nell'organizzazione dell'Europa". E lo statista inglese, con chiara preveggenza indicava come i relativi esiti "fino ad un certo punto... saranno del tutto vantaggiosi". Infatti "finché il cammino verso l'unità europea si esprimerà attraverso il grande aumento di ricchezza e la costante diminuzione degli eserciti, con crescenti garanzie contro il ripetersi della guerra, esso... potrà comportare solo benefici per qualunque nazione", ma, superati i limiti degli Stati, finirà per porsi il problema della "lotta tra continenti" (...)» (dalla premessa)