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Il libro racconta di un viaggio fantastico, che coinvolge il lettore in una inedita riflessione sul diritto penale. Il viaggio inizia con la discesa nell'infinitesimo di una parola: la parola "speciale". Il termine "speciale" contraddistingue la parte del diritto penale dove sono previsti e descritti i vari reati. La parte speciale è dunque il "paese del male", il luogo dove vivono le forme, le creature visibi li dell'ingiusto: quelle che i giuristi chiamano le fattispecie criminose (omicidio, furto, rapina, incendio, violenza sessuale etc.). L'esplorazione consente di scoprire che "speciale" vuol dire "visuale": la parola ha infatti la stessa radice etimologica di "specchio", "spia", "specola" "prospettiva", "speculazione". Tale "scoperta" svela un passaggio che consente di esplorare la natura iconografica delle fattispecie incriminatrici, soffermandosi sul ruolo della visualità nella genesi e nella definizione dei reati. Sviluppando un constante riferimento alle arti figurative, l'A. si interroga infine sull'avvenire del diritto penale: di fronte alla odierna smaterializzazione della realtà e alla crescente difficoltà di concepire e descrivere proibizioni "visualmente quale sarà il volto futuro dei reati? Sarà quello dei "codici a barre" o sarà espresso mediante le "immagini aumentate" dell'intelligenza artificiale? È possibile sottrarsi all'alternativa, tracciando una terza via che ancora faccia ricorso alla creatività umana?