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Con la locuzione "economia sociale di mercato" si individua un modello economico, declinabile in molteplici varianti, funzionale alla realizzazione di forme, statali ma anche multilivello, di intervento pubblico nell'economia capaci di coniugare obiettivi di welfare basati sull'uguaglianza e sulla "solidarietà", nella dimensione disegnata dall'art. 2 Cost., e rispetto della libertà di impresa. Come è noto, in Italia la presenza pubblica nell'economia ha assunto, nei diversi periodi storici, forme e rilevanza diverse ed è entrata in grave crisi, all'inizio dell'ultimo decennio del secolo scorso, non solo per la limitatezza delle risorse economiche, necessarie a garantire in maniera universale il godimento dei diritti sociali, ma anche e soprattutto per l'influenza determinante della normativa europea fortemente limitativa dell'intervento diretto dello Stato nell'economia, "incoraggiato" a svolgere invece funzioni di regolatore o di "supplente" nei casi di fallimento del mercato o, comunque, indirizzato verso la realizzazione della propria presenza diretta mediante strumenti di diritto societario. Ciò ha determinato un profondo ripensamento del ruolo degli enti territoriali nell'economia ma ha anche fatto emergere la consapevolezza della necessità di evitare che questo nuovo orientamento determini un vulnus alla tutela dei diritti la cui tutela è garantita dall'erogazione di un servizio pubblico. Nell'ambito di questa cornice, il presente lavoro si propone di indagare il ruolo che i servizi pubblici essenziali, e le forme della loro gestione, sono suscettibili di assumere nella tutela dei diritti sociali, al fine di verificare le prospettive di una dimensione europea dell'economia sociale di mercato, nella quale l'attuazione dei principi del libero mercato e della concorrenza sia declinata in una prospettiva centrata sulle persone, sulle loro esigenze, istanze e prospettive di futuro.