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La scoperta di un tesoro - nel significato più semplice, antico e durevole, di 'deposito di oro' - ha da sempre rappresentato un evento unico nel suo genere, non paragonabile, per rilevanza economica ed emozionale, al reperimento di antichità sepolte. Queste ultime hanno raggiunto il livello di attenzione del biondo metallo solo più tardi, con epicentro nella Roma dei papi. È il momento in cui le distanze tra il Laocoonte ed i tesori di Alarico o di sir F. Drake prendono ad avvicinarsi. Ma il diritto le mantiene, fino all'avvento del "Code civil" e, a cascata, dei codici di mezza Europa, Italia compresa, quando nasce, quasi di soppiatto, il tesoro archeologico, autentica mina vagante per la conservazione e la fruizione collettiva dei reperti. La fine è rapida, e giudicata prematura solo nelle botteghe degli antiquari... Questo libro, dedicato ad un piccolo argomento, dilata l'orizzonte della narrazione dalla classicità al presente, sul filo del secolare conflitto tra appartenenza privata e pubblica delle antichità di scavo. Un libro che l'autore ha cercato di tenere un po' scostato dal 'canone', anche per dare voce ad una componente popolare della propria formazione, il cinema e la radio, alla quale, in definitiva, si sente debitore. Sembra un "coming out" ed un po' lo è.