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I saggi della presente raccolta costituiscono l'esito di un discorso che ha radici lontane, che trovava motivazioni in un paese che viveva le illusioni pandemocratiche della partecipazione diffusa e che si trovava ignaro dei venti di una crisi di là da venire che avrebbe investito ogni ordine di valori. Se allora il buon amministrare finiva per coincidere con l'idea di una volontà dialogica orientata in senso paritario, ora l'irrompere di conflitti e rotture rende indispensabile indugiare su taluni presupposti di fondo del pensiero, e sulle conseguenti ricadute sul piano pratico. II tentativo è quello di una riflessione circa la relazione tra pensiero e linguaggio, nella prospettiva di una radicale rivisitazione della tradizione filosofico-metafisica. Il che induce a rivedere, anche in questa chiave, temi cruciali affrontati dalla scienza giuridica, quali quello del potere amministrativo e delle valutazioni tecniche, ovvero quello della decisione e delle ragioni ultime delle scelte. Nella parte finale stili e figure di giuristi vengono presentati e confrontati, con la consapevolezza della responsabilità dell'amministrare in un mondo connotato dalla complessità.