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"Da quel giorno mia madre non ha più cantato. Storie di mafia" è un lavoro di ricerca che nasce dall'idea di dare voce ai familiari delle vittime di mafia meno conosciute. La narrazione delle loro storie consente di farle uscire dall'oblio cui spesso sono destinate. Un concetto cardine è quello di memoria che serve non solo per perpetuare il ricordo delle vittime, ma per trasmettere degli esempi in grado di diffondere la cultura della legalità. La memoria impedisce all'oblio di avere il sopravvento e la condivisione dell'esperienza dolorosa diventa un mezzo per l'elaborazione del lutto e si trasforma in uno strumento potente di mobilitazione e di impegno civile. Il lavoro di stesura ha riguardato una breve ricostruzione storiografica sulle origini del fenomeno mafioso con particolare riferimento alle diverse interpretazioni teoriche volte a trovare una spiegazione all'emergere dell'organizzazione. Successivamente, l'attenzione è confluita su alcune ipotesi, esistenti in letteratura, relative alle spiegazioni della nascita della criminalità organizzata di stampo mafioso in un territorio circoscritto e specifico qual è il meridione d'Italia. Il focus si sposta poi su un contributo vittimologico volto a definire e circoscrivere le caratteristiche e le istanze delle vittime di reato. La restante parte dà ampio spazio alla voce dei familiari delle vittime innocenti di mafia attraverso l'analisi delle interviste raccolte e consente di approfondire temi particolarmente rilevanti che riguardano la dimensione privata e personale, le aspettative e la fiducia verso le istituzioni, le opinioni rispetto al ruolo che devono assumere la memoria e l'impegno o l'apporto che può dare la società civile. Il valore della testimonianza, l'efficacia della normativa esistente in materia e il tema della disparità di trattamento completano il campo d'indagine.