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Gli ordinamenti giuridici moderni sono caratterizzati dal tentativo di costruire un ordine artificiale secolarizzato. A partire dagli scritti di Ernst-Wolfgang Böckenförde, il testo mette in luce come lo Stato secolare rappresenti, sin dalla sua genesi storica, una struttura costitutivamente votata alla crisi. La sua fragilità si disvela completamente, accentuandosi, nelle democrazie costituzionali del secondo dopoguerra. Sorte in contrapposizione alle tradizionali narrazioni della società come organismo unitario, ed al racconto di illusorie armonie sociali spontanee, esse puntano non alla radicale neutralizzazione del conflitto, ma alla possibilità di renderlo produttivo politicamente. Come il paradosso di Böckenförde evidenzia, però, esse vivono di presupposti che non sono in grado di garantire: la politica democratico-liberale, pur non avendo una fede privilegiata da difendere, rivela la necessità di uno spazio simbolico condiviso, il quale si alimenti di progetti, ideali, perfino di utopie collettive. Per questo motivo, nelle democrazie contemporanee, le confessioni religiose devono ridefinire la loro identità, rinunciando a posizioni di privilegio all'interno della sfera pubblica; al contempo, la laicità non può essere adoperata, da parte del potere politico, come una strategia escludente, bensì come uno strumento della ragione dialogante ed un metodo del dibattito pubblico.