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Il dibattito sul governo della salute pubblica accompagnò la costruzione dello Stato liberale lungo tutto l'Ottocento. Se nella prima metà del secolo fu la polizia medica ad assumere un ruolo centrale, nell'Italia liberale fu l'igiene a costituirsi quale vero e proprio paradigma delle politiche sanitarie. A fronte della fragilità scientifica dei saperi medici, il programma igienista proponeva una strategia di intervento preventiva, incentrata sull'ambiente, e volta a preservare e promuovere la salute della totalità della popolazione. Un approccio che corrispondeva ai desideri dei governi unitari di accrescere i margini di normazione e controllo sanitario della società senza fuoriuscire dalla cornice liberale qualificante il nuovo Stato. Sebbene l'igiene godesse di un diffuso e ampio consenso, nell'ultimo ventennio del XIX secolo appariva tuttavia ancora incerta la determinazione dei suoi contenuti disciplinari, dei suoi confini scientifici ed epistemologici, nonché la definizione delle competenze e dei poteri da attribuire ai funzionari incaricati di amministrare la sanità. Conflitti e antagonismi segnarono quindi i rapporti tra i diversi attori interessati a progettare e dirigere il governo della salute della popolazione. Ricorrendo a un'ampia mole documentaria, il volume ricostruisce la storia delle politiche sanitarie in età liberale, sviluppando diversi piani d'analisi: i mutamenti istituzionali, la professionalizzazione dei funzionari, i conflitti tra scuole accademiche, il movimento associativo, le innovazioni scientifiche. Quello che emerge è che nel processo di state building dell'Italia postunitaria, le politiche igieniste furono in grado di realizzare uno specifico modello sanitario, distinto sia dalle precedenti esperienze di antico regime, sia dal successivo welfare novecentesco.