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L'espressione buone prassi, entrata nell'uso comune, ha registrato una fortunata diffusione soprattutto nei vari ambiti professionali e scientifici. Il volume si propone di rileggere criticamente tale costrutto entro la complessità del discorso pedagogico come sapere critico, attivo e progettuale, problematizzando le tendenze sulle quali esso si staglia, in primis la cultura dell'evidenza e del primato delle tecnologie, emergenti anche in campo educativo. Alla luce di ciò il testo affronta un articolato e complesso intreccio di questioni legate ai temi dell'efficacia, dell'evidenza, del giudizio, discutendo alcuni rischi di semplificazione e di interpretazione in senso riduttivo delle buone prassi, nell'intento di superarne una concezione tecnica e meramente strumentale. Legando ogni discorso sulle pratiche alla dimensione teorica dell'agire e del pensare l'educazione, esso propone una reinterpretazione pedagogica di tale costrutto, anche suggerendo requisiti e criteri per un suo utilizzo critico. In tal senso ne fa emergere il potenziale positivo, per la peculiare animazione della dinamica teoria/prassi che esso consente, per la sua collocazione intermedia tra pratica ordinaria e ricerca scientifica, tra partecipazione attiva di chi opera sul campo e configurazione formalizzata di indagini, tra saperi teorici e saperi della pratica, tra innovazione e problemi inediti.