Tab Article
L'idea del "kalos kai agathos" ? del bello e del buono insieme combinati ? consente, nell'intero percorso della civiltà occidentale, alcune piste di riflessioni, interrogabili nella loro cifra speculativa. La prima riguarda una formula che tradizionalmente caratterizza l'antica civiltà greca, tanto cristallizzata nel tempo da costituire quasi una endiadi (un "kalon kai agathon", che arriva fino a identificare una "kalokagathìa"); la seconda pista coinvolge il "kalon kai agathon" come cifra confrontabile con quella del "bonum et aequm" della civiltà romana; la terza pista attraversa alcune riflessioni sul significato di questa doppia cifra nel percorso della civitas christiana; la quarta pista concerne il progressivo dissaldarsi - nel tempo della modernità - del bello e del buono da un ordine trascendente che, più o meno velatamente, lo qualificava. Ma le piste precedenti costituiscono solo il necessario presupposto per interrogarsi, nel tempo contemporaneo, su quale significato possa avere oggi, in termini antropologici, una cifra che raccordi le tre tradizionali qualità dell'essere: il bello, il buono e il vero. C'è da domandarsi: hanno ancora senso nel mondo contemporaneo? E in quale modalità? Non può scoprirsi forse, alla fine, che in quelle qualità ontologiche è nascosto proprio ciò che si credeva superato e trasceso, cioè l'ultimo resto dell'umano? Tutto ciò può consentire alcune riflessioni sulla civiltà contemporanea: su ciò che promette, su ciò che minaccia e su ciò che, intanto, nasconde. Forse lo stadio a cui è pervenuta nel nostro tempo la società secolarizzata e l'ingresso in scena della macchina cosiddetta "intelligente" costituiscono l'avvento di un trauma profondo e durevole che dà a pensare. Scritti di: Giuseppe Limone, Giulio Maria Chiodi, Osvaldo Sacchi, Raffaella Limone, Giovanni Andreozzi, Carlo Pontorieri, Antonio Camorrino, Mirella Napodano, Angelo Zotti, Emanuela Spanò, Niraj Kumar, Sanad Obad, Alberto Virgilio, Valeria Verde.