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Se si "delimita l'ambito di interesse alle trasformazioni che riguardano più da vicino il territorio e il costruito si può osservare come, anche nei contesti più sensibili nei confronti delle ricadute ambientali degli interventi attuati, si configurano comportamenti spesso contrapposti: da un lato si persegue una ricerca tecnologico-industriale esasperata che, talvolta in nome della efficienza ambientale, propone modelli e soluzioni la cui compatibilità con l'ambiente in termini di risorse impiegate e di impatti generati in fase di produzione, uso e dismissione è tutta da verificare, dall'altro lato vi sono esperienze che mirano a un improbabile processo di rinaturalizzazione dell'ambiente antropico e al recupero di materiali, tecniche e soluzioni costruttive della tradizione che si pongono in modo molto critico rispetto alle potenzialità residue dell'innovazione tecnologica sul fronte della riduzione del consumo di risorse e degli impatti ambientali". La individuazione e la costruzione dell'equilibrio è oggetto della metodologia proposta con la Carta Ambientale, che ha il "merito di porre l'accento sul fatto che la progettualità può esplicarsi compiutamente soltanto laddove sia in grado di assumere come terreno di confronto la fisicità dei contesti attraverso una precisa individuazione dei sistemi socio-economici e tecnici all'interno dei quali l'uomo e l'ambiente sono inscindibilmente connessi".