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Nato per confutare il perduto "Elogio della chioma" di Dione di Prusa, questo breve scritto respinge ad uno ad uno gli argomenti a sostegno di una folta capigliatura e, con brillanti paradossi, giunge ad esaltare la calvizie. Quando al dramma personale, faticosamente accettato, della caduta dei capelli, si aggiunge la beffa di uno scritto polemico, Sinesio si trova costretto a combattere su due fronti, quello della natura e quello della cultura, decide così di accettare la sfida di difendere la calvizie grazie ad una sottigliezza d'ingegno e un'abilità retorica di gran lunga superiore a quella del suo zazzeruto antagonista. Il vescovo-filosofo, convinto del fatto che capelli e intelligenza difficilmente possano coesistere (com'è dimostrato dal fatto che gli animali generalmente ritenuti più stupidi sono anche i più pelosi), ci presenta una serie infinita di argomentazioni anche ai limiti del paradosso che ci convincono della bontà delle sue tesi. Al testo sinesiano fa da premessa un breve excursus autobiografico del curatore che, prendendo le mosse dall'historia suae pilosae calamitatis, offre al curioso lettore un breve compendio storico-antropologico dell'umana calvizie.