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Dare del "fascista" è in tempi di libera democrazia un insulto infamante. Per altro definirsi "fascista" è stato, nel ventennio che al fascismo si intitola e conduce alla disastrosa guerra '40-'45 che ha devastato il nostro paese, un'esclamazione di orgoglio e di sfida. Il romanzo di più di una generazione perduta e di una famiglia che del fascismo attraversa le vicende, dagli esordi ciechi e ingenui fino all'epilogo della terribile sconfitta. La cronaca puntuale del drammatico destino che ha inghiottito un paese e i suoi abitanti. Si iscrive nella tradizione del racconto storico narrato dal basso. Da coloro che delle vicende storiche hanno vissuto gli effetti giorno per giorno sulla propria pelle, fra speranze e illusioni, cocenti delusioni e ferite. È il resoconto di una bambina che, sotto quel regime, si ostina a non crescere. Solo dopo la catastrofe, divenuta donna, prende la penna per riportare verità nella vulgata di luoghi comuni e demonizzazioni di quegli eventi. Non storia di fascisti buoni né opera revisionista. La voce di qualcuno che ha subìto l'impronta pesante della storia, il suo massacro, le sue umiliazioni, la distruzione di beni e affetti. Una voce insolita, intessuta di amore per la verità.