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Cristian Filice ha deciso di prendere parola sulle persone a lui care, su cosa farne dei giorni della sua vita, sulla propria morte e sulla vita dopo la morte. Differentemente dalla maggioranza delle persone, conversa anzitempo con la parabola dell'esistenza. La SLA gli prefigura la vita in caduta libera e di giorno in giorno gli chiede grinta di veterano e saggezza umana per esaminarsi dentro di se e per squadrarsi nello specchio di vetro e nelle facce degli altri. Vede cose da fare e vorrebbe farle; desidera far fronte direttamente ai bisogni delle persone che ama; sogna progetti per la famiglia e vorrebbe realizzarli ma non può. Non potrà più.