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Figli di povera gente, sbandati, emarginati. La strada la loro compagna. Respiravano a pieni polmoni la sua polvere e in essa si crogiolavano e di essa si alimentavano. I borghi, le stradine, le viuzze che si intervallavano, l'asfalto, la mota, erano i campi della loro sfida quotidiana. Erano dei selvatici, come le bestie. Avevano lo stesso odore agre, la stessa diffidenza verso la vita, lo stesso pudore, lo stesso scetticismo verso il futuro. La strada era il loro brodo di coltura, la loro foresta, la loro scuola di vita, il campo dei loro cimenti ed il metro della loro crescita. Erano ragazzi di strada. Mario Bitetti si è divertito nel richiamare, in modo canzonatorio e, allo stesso tempo, autocanzonatorio, le radici da cui proviene ricordando che "Tutto sommato, ognuno di noi è poca cosa rispetto alla grandezza del Creato."