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Esposta al calore insopportabile del ferragosto romano, Nina si sveglia sul terrazzo della casa dei genitori dove è arrivata con il pretesto di innaffiare le piante e s'è lasciata essiccare al sole, in preda ad uno sbandato desiderio di morire. Roma è un deserto e lei è una beduina abbandonata, ma vince il dolore e la solitudine e rientra in casa, dove non c'è nessuno ad accoglierla, solo il ritratto di Agnese, il dipinto che è abituata a vedere fin da bambina. È la sorella della nonna, fuggita in Inghilterra giovanissima, da un padre manesco e crudele e tornata a casa dopo pochi anni, malata e povera. Nina riallaccia con lei l'antico dialogo, è stata la sua confidente e il mistero della sua vita, mai del tutto svelato, le sembra ora insopportabile. Decide di allontanarsi da sé, dai problemi esistenziali e sentimentali, "uscire dai propri panni", come sogna da sempre e partire sulle tracce di Agnese, del resto lei porta il suo nome, Nina è solo un diminutivo. Il binario su cui si muove da questo momento la vita di Nina si intreccia sorprendentemente con quello di Agnese. È soprattutto il diario con il drammatico racconto dei giorni del passato che Nina ritrova al castello che ha ospitato Agnese e ospita anche lei, a produrle un forte senso di emozione e sdoppiamento. Due donne che si rincorrono nei sogni e nei giorni, parlano delle storie delle donne, nel passato e nel presente. L'eccezionale vicenda che le capita, cambia profondamente la vita di Nina, ne dirotta pensieri e progetti.