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La filmografia di Pupi Avati relativa al cosiddetto "Gotico Padano" si è distinta per aver saputo miscelare con efficacia tratto artigianale, fantasia e tensione verso il soprannaturale, in un costante crinale tra rispetto e reinvenzione dei canoni classici, regalando al cinema di genere ? nazionale e non ? nuova linfa da imprimere alle sue peculiari identità. Per di più essa ha ribaltato l'assunto di un genere legato a caratteristiche ben precise e radicate nell'immaginario collettivo (l'assolata campagna emiliana al posto delle cupe metropoli, preti spretati e legati alla sfera dell'occulto invece del classico assassino caratterizzato da cappello e guanti neri). Il testo si presenta quindi come un cronologico excursus comparatistico fra il cinema 'nero' avatiano e il parallelo panorama dei thriller e horror italiani, affrontando quindi paralleli di varia natura, tematici, visivi ecc., tra le sue pellicole ormai divenute culto in Italia e all'estero come "La casa dalle finestre che ridono" (1976), "Zeder" (1983), "L'arcano incantatore" (1996) e "Zombi 2" (1979) di Lucio Fulci, "La casa con la scala nel buio" (1983) di Lamberto Bava, "Dellamorte Dellamore" (1994) di Michele Soavi. Alla ricerca di affinità e differenze tra i due poli di indagine, tra exploit grandguignoleschi e raffinate messe in scena da incubo, tra passato e presente, emerge il rapporto tra un cinema a suo modo autoriale e un contesto fortemente influenzato dall'aspetto commerciale, senza mai dimenticare il rispetto nei confronti del patto siglato con lo spettatore: farlo emozionare nel profondo, a partire dal sentimento basico della paura, una paura che attiva immediatamente il classico meccanismo psicologico di attrazione-repulsione, tanto da risultare, talvolta, profondamente incantevole.