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Il "Volgarizzamento degli Atti degli Apostoli", eseguito da Domenico Cavalca intorno al 1330, rientra nella produzione in lingua volgare che si realizzò attorno allo Studium del convento domenicano di S. Caterina d'Alessandria a Pisa. L'opera s'inserisce in effetti nell'alveo del vasto programma di traduzioni promosso dai Fratres Praedicatores per contrastare le numerose eresie che si erano diffuse in tutta Europa a partire dall'anno Mille. La tradizione dell'opera, composta da sedici codici cronologicamente distribuiti dalla metà del Trecento fino ai primi anni Settanta del Quattrocento, è stata per la prima volta oggetto di uno studio sistematico grazie all'escussione di tutti i testimoni (comprese le stampe), dei quali sono state individuate le relazioni genealogiche, e la cui varia lectio, anche per la sua importanza storico-linguistica, viene puntualmente documentata in apparato. Il testo critico, improntato al rispetto di una moderna prassi ecdotica, restituisce il volgarizzamento a quella che doveva essere la sua dimensione originaria, a partire dalla facies fonomorfologica pisana, dai precedenti editori obliterata in favore di una veste linguistica fiorentinizzante.