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Dal fondo del metallo, ulteriore epifania poetica in versi e prosa di Erika Dagnino, mette in gioco radicalmente e nella sua integralità la questione del rapporto materia/poesia, non soltanto nella sua dimensione contenutistica - la materia, in tutte le sue forme, come "figurazione" oggettuale, ispirazione e referente primario di tutta la sua opera, tanto più concreta quanto più è "spiritualizzata" e viceversa - ma anche nel suo, affascinante, sempre presente, discorso su sé stessa. [...] Il dolore come conduttore di materia, la materia come canale del dolore, in un continuo fondersi e rapprendersi in figure che ci sembra di conoscere dalla nostra propria esperienza sensoriale, ma che contemporaneamente non riusciamo mai a catturare del tutto, a stringere nei consueti confini del nostro esperire. (Dalla Postfazione di Massimo Caviglione)