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Attraverso una serie nutrita di aneddoti e interviste - fra le quali spiccano quelle con Nick Mason, Peter Jenner, Jenny Fabian, Storm Thorgerson, Duggie Fields e Peter Whitehead - l'autore riesce a restituire al pubblico un ritratto vivido e contestualizzato della nascita di una delle performance più rappresentative del suo tempo, e a celebrare così un'epoca in cui la creatività veniva recepita senza filtri dall'industria, facendo sembrare davvero possibile ogni cosa. Album d'esordio e immediato disco d'oro, The piper at the gates o dawn è una delle più grandi opere della storia del rock e una sintesi perfetta della cifra creativa onirica e trascendentale di Syd Barrett, allora leader dei Pink Floyd. Il turbine di eventi che ha travolto il gruppo nella sua storia, portando all'allontanamento di Barrett, spesso funziona da lente deformante del valore intrinseco dell'album, che John Cavanagh riporta invece alla luce in tutta la sua dirompenza.