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"Una così convinta ripresa della prospettiva critica di Lukács e di Adorno da parte di un giovane studioso, accanto alla scelta di un autore come Volponi, attesta che l'epoca del postmodernismo si è chiusa e che la forza delle contraddizioni e della crisi sta rimettendo in moto un urgente bisogno culturale di confronto con idee e problemi rubricati "per decreto" come desueti e inerti. Riaprire questa partita, oltre il dominio dell'ideologia asfittica delle "grandi narrazioni", comporta il confronto con questioni culturali di grande respiro. [...] Nel corso di tutto il Novecento, secolo eminentemente critico e autocosciente, il saggismo penetra ad alte dosi nel romanzo. In Thomas Mann, in Robert Musil e in Alfred Döblin, il discorso filosofico s'incorpora nella struttura stessa della finzione letteraria, Proust e Kafka dissolvono il romanzo nella memoria saggistico-autobiografica, nel diario aforistico o nell'apologo allegorico e qualcosa di simile accade anche in Pirandello e in Svevo, in Sciascia e in Calvino. È dunque il Novecento, con le sue strategie di contaminazione, a legittimare pienamente il gesto critico di Gabriele Fichera, che rilegge in chiave saggistica "Corporale" e "Le mosche del capitale", vere e proprie "opere-mondo" sulla "modernizzazione" italiana". Dalla prefazione di Emanuele Zinato.