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Ogni viaggiatore sa bene che nel viaggio l'importante non è la meta, ma il viaggio stesso. "Quando arriviamo, ci lasciamo alle spalle le ragioni per le quali siamo venuti", scriveva Patience Gray. Il viaggiatore Nazario D'Amato, però, è un ferroviere, un Capotreno che fa il suo lavoro con passione e con l'acuto spirito di osservazione che sa cogliere particolari che esulano dai suoi quotidiani doveri. Per lui, come per i grandi viaggiatori del passato, il viaggio non è solo l'andare verso un altrove fisico, ma un percorso che lo porta a incontrare l'uomo, che sia se stesso o l'altro da sé. Il libro si apre con una poesia, "Apologia del Macchinista", un inno al treno e al suo conducente, ma anche un anelito alla fantasia, alla potenza dell'immaginazione creativa. Il treno è visto come la musa ispiratrice dei poemi antichi, anche se lo stile richiama piuttosto gli slanci arditi dei futuristi.