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In questo suo nuovo libro - quello più privato e sofferto, quello cui sinora tutti gli altri hanno alluso, come per un patto segreto - Giuliana Sanvitale dà forma a una regione della sua memoria e compie, come narratrice, la scelta più ardua: quella di rievocare la vicenda di suo padre, ucciso per rappresaglia dopo la liberazione a causa delle sue "scelte sbagliate". Ma di fronte alla vita e alla dignità di un uomo, chi può ergersi a giudice e condannare? E il confine tra il bene e il male, e tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, é davvero così netto? E dov'è che l'arbitrio e il sopruso prendono il sopravvento sulla giustizia e sulla libertà, sacrificando i valori dell'umano alla dittatura dell'ideologia? Ecco allora farsi strada una duplice necessità: quella di recuperare una complessità di visione e una profondità di sguardo. Ecco allora la scrittura di Giuliana Sanvitale orientarsi verso latitudini dove la verità dei sentimenti ci conduce verso quell'approdo che solo le parole stillate dal corpo vivo della vita e della morte possono rivelare.