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"Sono nato in una casa sull'argine di golena del Po, vicino a Ferrara e il Grande Fiume scorre in me, nelle sue diverse stagioni", così recita l'inizio delle note che lo stesso autore, post-fa in fondo al libro e così è questo volume di poesie dal titolo emblematico L'acqua del tempo, opera prima di Gabriele Sprocati, ma non per questo, ultima parafrasi di quel paesaggio interiore evocato nella maturità della vita. E il paesaggio si snoda tra le incurie del tempo come tizzoni mai sopiti sotto la cenere di una parola poetica formata dal suo incanto, dallo stupore della scoperta. Esattamente come dichiara nella prefazione Viviana Faschi "L'ossessione con cui il paesaggio è chiamato in causa è il testimone del mutare delle stagioni così come del giorno che si fa notte e poi ancora giorno, e che non esige una risposta che non sia costituita dagli elementi stessi della natura, dai sottili fremiti della pianura, dagli arabeschi che le ombre notturne gettano sui casolari, fino alle trame intessute dalla consueta nebbia la quale abbozza un paesaggio "scevro di orizzonti"; ... qui la nebbia ferrarese è vista senza particolari sentimentalismi, ma con la consapevolezza che lo spazio lo misurano e anzi lo creano "una casa distante / un pioppeto". Le poesie presenti nel libro sono frammenti di tre raccolte che corrispondono a diverse fasi della sua vicenda umana, ma che in poesia diventa di tutti, a partire dai primi anni '70 del secolo scorso. Una proposta di lettura per ripercorrere una vita, vista da un nuovo inedito punto d'inizio: la poesia.