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Nell'ultimo scorcio del Novecento s'installa al centro della scena mediatica una sorta di mitologia dell'immateriale, intrisa di venature neo-mistiche, in un clima di diffuso neoliberismo: quel clima vede l'irruzione, nella sfera della produzione, delle tecnologie informatiche e sembra segnare la fine dei processi di reificazione. Invece, proprio queste tecnologie riportano in campo la tematica dell'alienazione del lavoro. Con il consolidarsi del cosiddetto postfordismo viene in primo piano ciò che - per l'autore - è ovvio: la sofisticata macchina digitale non è meno reificante della catena di montaggio fordista. E proprio il "lavoro immateriale" è il più reificato perché è quello più subalterno alla tecnica e alla "merce immateriale" che produce.