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Emilio Villa cominciò a tradurre l'Odissea nel 1942, ma solo dopo la fme della guerra ne apprestò una prima stesura, pubblicata nel 1964, a cui segui qualche anno più tardi una versione definitiva, ampiamente ritoccata e ripensata. Giudicata immediatamente "stravagante e spropositata" da accademici e universitari, la traduzione villiana mira con puntiglio a ridare luce ai legami profondi tra l'epica ellenica e le culture precedenti, in contrapposizione a quella che il critico chiamava "la baracca immensa dell'immenso commentario europeo", che ha fatto del poema un testo intoccabile e di Odisseo un modello "neoclassico anchilosato sul piedistallo dell'endecasillabo".