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Con "Lo sguardo delle cose" Daniela Monreale, una delle voci più sicure della sua generazione, aggiunge un nuovo tassello al suo ormai più che decennale lavoro poetico. E la tensione emotiva che internamente ritma i testi di quest'opera ne rivela, sezione dopo sezione, la sorprendente sapienza costruttiva. Il libro è un vero caleidoscopio, un diaframma ottico di emozioni che vanno dall'amore al dolore, dalla passione alla tristezza, al ricordo. Il ricordo di qualcosa che si aveva e non si ha più, che c'era e più non c'è, che si sognava e non si è avverato ("straccio di sogni / che rimedia la prassi dei giorni"). Ogni cosa è "detta" con una sensibilità disincantata, resa sempre nuova nel segno di una femminilità tanto più profonda quanto meno incline a lasciare spazio al ricatto dei rimpianti come "all'anoressia dei sentimenti". Grazie alla lucida consapevolezza di come vanno le cose. E grazie alla capacità di capirlo anzitempo, senza rinunciare al "viaggio" verso le "isole felici" e al tentativo di giocare con la vita osando "fare scacco matto". A una donna-poeta basta uno sguardo, Lo sguardo delle cose: "servono, come rifugi, le cose / dette a mira degli occhi, quietamente portate / in mezzo". Sia che le cose "guardino" - esse stesse personaggi della vita - sia che vengano "guardate". Perché "è semplice la via degli occhi, la più sapiente".