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Per Epicuro, la felicità è da ricercare nella dimensione privata del "vivere nascostamente": l'uomo "basta a se stesso", non necessita delle divinità o dello Stato per sperimentarla. La felicità si realizza nel piacere al quale conduce la ragione che ha dominato le passioni. A partire dalla "Lettera a Meneceo", Maggi compie un excursus dalla filosofia classica ai nostri giorni e sottolinea il legame tra etica e felicità nella storia del pensiero, osservando come nel corso del tempo "l'uomo abbia barattato un po' della sua felicità per un po' di sicurezza", fino a fare della felicità una questione politico-sociale. Un ritorno alla filosofia del Giardino è allora da intendere come ripresa della dimensione privata e interiore della felicità quale ars vivendi: capacità di plasmare e dare forma alla propria vita.