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Gervasio scrive ad Ortensio. Gervasio è vecchio: un bravo professionista che non si è mai sposato. Ortensio è il figlio di Goffredo, il suo migliore amico, quello con cui si divide la vita. Uomo e padre difficile, Goffredo morendo si è lasciato dietro solo cose non dette. E adesso solo Gervasio può raccontare. Chi era quell'uomo. Quanto fossero grandi ed assurdi i suoi pensieri. Goffredo non era il tipo da scendere in piazza o salire sulla montagna a predicare alla folla le sue salutifere idee. Ma nelle giornaliere conversazioni con Gervasio gli veniva di porre sempre nuovi tasselli alla costruzione della sua riforma radicale dello Stato e della società. Finché ad uno ad uno arrivò a fissare cinque principi fondamentali, per capovolgere la disastrata convivenza ed estirpare il cancro della politica corrente. Il sorteggio, per la nomina degli amministratori dei comuni e dello Stato. La breve permanenza al potere. La fissazione di un limite al possesso. L'abolizione della successione ereditaria. Ed il vitalizio per tutti i viventi nello Stato. A Gervasio l'amico Goffredo faceva pena, «non riuscendo egli a capire questa ineluttabile fatalità, che saranno sempre quelli che valgono, e sanno fiutare le situazioni, sono essi che trascineranno sempre il mondo dove vogliono loro». Ma Gervasio, vicino alla morte, è ancora più drastico, ed invece dei panegirici sul mondo futuro del caro amico, riesce a vedere solo paure.