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Come mai nel racconto di Vladimir Solov'ëv l'Anticristo è presentato come un uomo perfetto? Sarebbe interessante fare un paragone fra le varie figure dell'Anticristo degli autori cristiani dell'antichità. All'epoca del martiri, l'Anticristo è presentato come un imperatore che costringe all'idolatria e mette in atto il crudele meccanismo della persecuzione. I Padri che combattevano per la purezza della fede in difesa dei dogmi cristiani vedevano l'Anticristo come lo spirito della menzogna. Per i monaci contemplativi, è invece lo spirito delle tenebre, o della luce illusoria. Per gli asceti è il tentatore che fa cadere nei vizi. La teologia russa confessa che la fonte primaria dell'antropologia è l'uomo immagine di Dio in tutta la sua bellezza e grandezza. Ma, come per ogni religione, la stessa convinzione può incorrere nel pericolo di idolatria. Invece di partire dal simbolo per arrivare a Dio, l'uomo è tentato di soffermarsi a godere della bellezza del simbolo come tale. San Gregorio di Nissa dà come esempio il sole: invece di vedere Cristo nel simbolo del sole, l'idolatra divinizza il sole e non riconosce Cristo. L'uomo moderno è conscio della sua grandezza, dei progressi che si aprono in ogni campo di attività. Prova anche un certo orgoglio davanti alle opere delle sue mani e ai valori riconosciuti come tali. La tentazione allora si ripropone come assolutizzazione di questo senza accettare il ruolo di mediazione che ogni bene rappresenta di fronte alla storia. Soffermarsi diventa dichiarare assoluta l'opera e divinizzare l'uomo che la compie.