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"Difficile introdurre l'ennesimo diario sul Sahara, spazio che non ama troppo farsi confinare tra certe pagine anguste, cercando diligentemente di evitare tutti i luoghi comuni che aggrediscono la sua essenzialità. Una volta a questi tour, a questi giri fuori dalle normali rotte, si attribuiva il titolo vagamente romantico di spedizione. Quando non di esplorazione, presupponente il fascino di qualsiasi ignoto. Addirittura sulle carte che ci accompagnavano, lasciapassare o salvacondotti che fossero, compariva il termine mission. Mai nessuno avrebbe anche solo accennato al turismo. Con tutta la sottovalutazione della parola e in più il rischio di confusioni, malintendimenti ed equivoci. Come quella volta, la sera prima di arrivare a Bardai, con le canne dei kalà puntate alla gola, noi che ci dichiariamo turisti, loro che insistono a imbastardire tra touristes e terroristes. Così abbiamo scelto un titolo tranquillo, che vorrebbe dire tutto e niente. Perché se il Sahara è soltanto la più grande distesa desertica del mondo il viaggio potrebbe sottintendere spazi, geografici piuttosto che temporali, persino maggiori. Come fossero un certo sguardo, proprio quel certain regard, non sui vicini di intenti ma dentro di noi."