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Il tema del culto nel NT e, in generale, nell'epoca in cui è stata prodotta la documentazione neotestamentaria che riteniamo fondante per la vita cristiana, è molto meno approfondito di quel che potrebbe sembrare a prima vista. In realtà, quando si parla di culto non sempre s'intende una realtà univoca ed è difficile liberarsi dalla tentazione di operare delle retroproiezioni delle prassi cultuali ecclesiali, con il tacito pregiudizio che l'attività cultuale vissuta nelle proprie chiese provenga direttamente, e senza che ci sia necessità di provarlo, dalla prassi cultuale dei primi giorni del cristianesimo. La relazione tra culto e riflessione teologica merita di essere approfondita, non solo per quello che ha significato nella costruzione dell'identità cristiana ma anche per quello che continua a significare. L'uso di formule rischia di dare per scontate cose che scontate non sono. È il caso della formula lex orandi lex credendi, che ha finito per essere utilizzata unidirezionalmente, come a dire che i contenuti del credere sono dettati dalla liturgia. In realtà, la formula si può capovolgere affermando che il credere determina il culto. Sia come sia, occorre riconoscere che la distanza tra culto e fede è oggi amplissima ed è urgente recuperare l'atteggiamento di ricerca delle origini quando, non immediatamente, i seguaci di Gesù cominciarono a dirsi cristiani (At 11,26; 26,28; 1Pt 4,16).