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«La poesia è un fare, è intuizione ("ispira-zione"?), ma poi anche un vero e proprio artigianato. Si lavora sul linguaggio, sulle immagini, sul senso. Ma prima di tutto si lavora dentro, nel profondo di noi stessi, per lasciar vibrare corde segrete, che accolgano e restituiscano un verbo che forse sappiamo nell'intimo, ma che non necessariamente conosciamo. Il poeta è uno "scriba", certo, ma innanzitutto un uomo immerso nel suo spazio e nel suo tempo. Da lì non può prescindere. E forse lì deve tornare. Quando io e Sergio parliamo, il suo sguardo è seriamente sorridente. Proprio così, si disegna agli angoli delle labbra un lieve sorriso, che però si fonde con la serietà dello sguardo. Questa cosa mi viene in mente dopo aver letto questo suo ultimo lavoro in versi, che ha di per sé un titolo importante, definitivo, ma non definito. Sergio è un uomo instancabile, la sua mente lavora continuamente oscillando vertiginosamente tra la poesia, la pittura, il teatro e chissà cos'altro ancora. Sempre di arte si tratta, di quella straordinaria esperienza di conoscenza che ci introduce in dimensioni non codificabili convenzionalmente. Ma il lavoro sul verso appartiene a una dimensione a sé stante. La poesia tende a tradurre l'indicibile, a nominare l'invisibile. E infatti, è sufficiente ascoltare una lettura del poeta dal vivo per rendersi conto della profondità da cui emerge la parola. La voce di Sergio ha un timbro grave, petroso, incede lentamente rivelando la fatica del farsi corpo nella vibrazione sonora...» (Dalla prefazione di Nicola Bultrini)