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L'autore invita ad interrogarsi sulle ragioni per le quali gli assetti politici liberal-democratici, benché considerati ancora un approdo indiscutibile del pensiero occidentale, siano oggi in difficoltà. La riflessione si sviluppa (con il sostegno degli autorevoli contributi che la introducono e la commentano) attorno a tre questioni ritenute cruciali. La prima è il ruolo che i singoli (per effetto dei cambiamenti intervenuti nella informazione e nella comunicazione) hanno cominciato a potere esprimere in materia di orientamento e giudizio dell'azione politica. La "città" (presupposto ideologico primo della democrazia) torna a reclamare quel ruolo attivo e partecipativo che gli assetti contemporanei non assicurano. La seconda questione investe la cultura "giuridica" (che della "cittadina" costituisce la trama portante). Per effetto di una complessa serie di ragioni (maturate nel corso di cinquant'anni) essa si è profondamente trasformata da "critica" in "adesiva" (verso gli orientamenti "politici" dominanti: legislativi e giurisdizionali). Con conseguenti effetti ("formazione" degli attori) su "normazione" (divenuta iper-prescrittiva) e "gestione" (divenuta "passivamente" dipendente). La terza questione investe l'articolazione costituzionale che - negli assetti vigenti in Italia - ricevono le funzioni di governo (con particolare riguardo a quella giudiziaria), il cui equilibrio, affidato nel disegno all'autocontrollo dei protagonisti, si è sfaldato nella fattuale pratica dell'ultimo trentennio. Prefazione di Salvatore Carrubba. Introduzione di Vincenzo Scotti. Postfazione di Mario Barcellona.