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Il breve saggio di Maria Grazia Ferraris si sofferma sull'opera vasta e complessa di Marina Cvetaeva (1891-1942), una delle più grandi poetesse russe del Novecento. Sullo sfondo gli anni della rivoluzione russa e dell'esodo dei moltissimi intellettuali verso la Germania e la Francia; anni durissimi soprattutto per la Cvetaeva dalla personalità orgogliosa e tagliente che, ritornata poi in Russia, priva di aiuti e di speranze, morì suicida. Nel saggio si riflette sul grande tema dell'amore che la caratterizza in modo originale, coinvolgente, anticonformista e drammatico, ma anche sul teatro che fu l'interesse dei suoi anni giovanili.