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Il canto si leva a fil'e voce in coinvolgenti litanie d'amore e intense giaculatorie profane per dispiegarsi in serenate e ballate che della forma canonica della canzone napoletana conservano appena il ricordo, sovrastato da sentimenti impastati di terra e di umori corporei. Mentre l'organetto di Alessandro D'Alessandro assume un respiro orchestrale nel dialogo con trombe e tammorre, piano e chitarre, evidenziando le complesse geometrie musicali, si svolge il racconto dolente e appassionato di Canio Loguercio. Si delinea così un affresco in cui le passioni individuali diventano emozioni collettive e il canto assume le cadenze di un salmodiare mondano, con squarci improvvisi sulla realtà più autentica di una città come Napoli. La Targa Tenco come miglior album in dialetto e numerosi altri riconoscimenti hanno premiato la cura meticolosa degli arrangiamenti e la lunga ricerca condotta attorno alla "canzone d'ammore" e a una forma musicale, popolare e d'autore, al di fuori dei generi consolidati e perciò difficile da etichettare. Con la solidale complicità, tra gli altri, di Maria Pia De Vito, Erica Boschiero, Peppe Servillo e Rocco Papaleo.