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Quel che colpisce nelle poesie di Stefano Iucci - la prima e au-tentica impressione che fanno - è la loro probità. Tale probità (termine desueto, ma prezioso e forte) porta Iucci a temi di quotidiana umanità, pervasi spesso da una commozione tratte-nuta come per pudore. Per questo sono poesie di una strana e inattuale luce, che hanno origine forse in una stagione lontana della poesia del secolo andato: di quella stagione pacatamente si appropriano e la fanno rivivere di nuovo come necessaria. Un convivere pieno di affetti, con per bussola i punti cardinali della convivenza (l'equità, la giustizia e così via): ecco il tema di queste poesie, sia che si manifesti in un romantico mito politico, sia che si lasci intravedere nella tenerezza di un rapporto famiglia-re. Mentre sempre qualche turbamento si nasconde da qualche parte, o la cupa bestia della malinconia. Proba così è la forma, condotta da parole senza trucco: se la poesia è una convenzione formale, sembrano suggerire questi versi, tale convenzione ha all'origine una salda idea di verità.