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Il testo, che si avvale dell'introduzione di monsignor Livi, docente ordinario all'Università Lateranense, affronta, in termini metafisici, storici, gnoseologici, logici, estetici ed esegetici il tema della relazione tra Gesù (e quindi la Chiesa) e gli ebrei e sostiene l'assurdità logica e la pericolosità teologica di promuovere incontri fra le tre religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islam); ciò, sempre sostiene l'autore, per la ragione che il Dio dei cristiani o è il Dio-Trinità o non è per cui non è possibile dialogare con ebrei e islamici che negano appunto la Trinità, dialogo che rischia oltretutto di ingenerare nell'opinione pubblica cattolica il relativismo dogmatico assuefacendola all'errore o addirittura contribuendo a diffonderlo. L'unico Israele che oggi ha senso nel piano della salvezza è quello degli ebrei come Pietro e Paolo che hanno creduto in Gesù ed hanno annunciato la salvezza in nome suo, quello che per secoli ha poi fatto la Chiesa cattolica guidata dal magistero dei papi. A questo proposito Radaelli pone un dilemma: o pentirsi dell'insegnamento di quarant'anni (post - Vaticano II) o di quello di duemila.